giovedì 9 ottobre 2008

SCELTE E RIFLESSIONI

Il tema di lavoro a cui abbiamo pensato di collaborare è ‘Transgender Artworks and Transgender Humans’; in quanto assolutamente inerente (Tiziana Contino) e affine (Angelo Spina) alla nostra ricerca artistica.
Il concetto su cui abbiamo focalizzato la nostra attenzione è l’idea di post human, di corpo oltre umano. Una macchina meccanica che descrive in realtà i movimenti biologici umani, come già profetizzato, in passato, a livello cinematografico da David Cronenberg (Crash, Il Pasto Nudo, Existenz) e le molteplici interconnessioni tra uomo-macchina-natura affrontate da Matthew Barney stesso ad esempio in Hoist.

Negli anni ’90, Helena Velena proponeva una definizione di Transgender, facente capo al movimento stesso nato in California :

Il Transgenderismo è una visione del continuum comportamentale che esiste tra le 2 polarità: quella dello spettro infinito di possibilità che si presentano “transitando” da un punto all’altro. Il transgenderismo legittima quindi l’esistenza dell’infinità possibile di momenti di “identità. (Helena Velena)

Ogni individuo è ed esprime un essere che è in continuo divenire, io ho posto l’attenzione su questo momento costante di ‘transito’, il formarsi del cambiamento e la sua possibilità di realizzarsi in modi totalmente radicali, all’interno dell’individuo. Essere un Transgender non significa essere necessariamente un transessuale, significa riuscire a transitare all’interno di esperienze non necessariamente classificabili e definibili; la mia ricerca individua l’esigenza di trasformazione e passaggio continuo.
David Bowie, mitico camaleonte, precorritore di tempi e modi-mode, è da sempre stato convinto che la cangianza e la possibilità di differenziazione di noi stessi sia insita nella natura umana: la forzatura sta nel costringere la nostra mente e il nostro corpo in una legislazione sterile, dettata dalla stereotipata visione del non-conforme.
(Tiziana Contino)

Lo sfruttamento caotico dell’ambiente da parte dell’ uomo attraverso la macchina genera processi spesso autodistruttivi e fallimentari e la conseguente capacità della natura stessa di rigenerarsi fagocitando ciò che prima la minacciava.
L’interazione tra i fattori uomo-macchina-natura genera un essere nato dalla combinazione di forze biologiche e componenti meccaniche e determina un luogo in cui naturale e artificiale si contaminano e si sintetizzano.
(Angelo Spina)

L’alchimia ha da sempre ricercato tecniche di trasformazione radicale della materia a cui dava il nome di Pietra Filosofale. Nei testi alchemici la figura che subisce tali trasformazioni è il Rebis; un androgino che incarna processi chimico-magici trasformandosi in un ciclo illimitato. Si può dunque approdare al non-genere muovendosi nell’infinità di generi attraversandoli e superandoli. Nell’opera Drawing Restraint 9 di Matthew Barney ritroviamo questi aspetti sviluppati visivamente nell’incontro fra i due ‘ospiti occidentali’, portatori rispettivamente della Nigredo e della Rubedo e nella loro sintesi che genera un nuovo stadio della materia, l’Albedo, che li porta a trasformarsi in balene (resurrezione, rinascita). In Drawing Restraint 9, ritroviamo una metamorfosi non più imperniata sulla mutazione genetica commista al meccanico, ma un ritorno ad una metamorfosi naturale dettata da leggi magico-rituali (shintoismo, animismo).

L’organismo cosciente è un aggregato provvisorio, una temporanea sostensione di particelle di informazione, di materia, di desiderio, in movimento verso il disgregarsi. (cit.Franco Berardi, in merito a Rizoma, Millepiani Capitalismo e Schizofrenia)

Deframmentazione – Assenza – Nomadizzazione.


Tiziana Contino e Angelo Spina

2 commenti:

Giuliano Torrengo ha detto...

Pregherei gli altri interessati a far parte del gruppo di commentare su questo ottimo spunto alla riflessione, connettendolo anche all'altro aspetto del tema, quello riguardante la parallela contaminazione fra i generi artistici che pervade l'opera di Barney.

Per quanto riguarda il transgenderismo "umano", forse potreste appoggiarvi ad un'utile distinzione che si ritrova spesso nella letteratura contemporanea sui "gender studies" fra la differenzazione sessuale (maschio - femmina) e quella di genere (uomo - donna). La differenziazione sessuale riguarda in primo luogo la sfera del biologico e del fisico in generale. Sia che la si intenda in senso genetico (differenza fra i cromosomi XX e XY) sia che la si intenda in senso organico (presenza di organi sessuali maschili vs. presenza di organi sessuali femminili). La differenzazione di genere riguarda invece la sfera del sociale, del modo in cui noi e gli altri ci considerano: i generi uomo-donna, e tutte le aspettative sul comportamento e l'aspetto ad esse collegate, sono in larga parte delle costruzioni sociali. Il senso comune tende ad appiattire una differenza sull'altra, o quanto meno la differenza di genere su quella di sesso organico. E' interessante riflettere sulle connessione fra le due distinzioni e le condizioni su cui si basa l'idea di mutamento o passaggio: cambiamento in aspetti corporei e persino genetici (necessari per il passaggio maschio - femmina), e cambiamento nel modo di rapportarsi e nelle aspettative (necessari per il cambiamento uomo - donna).

La trasformazione in balena (quindi in una specie diversa da quella umana) solleva anche l'interessante problema dell'identità attraverso le mutazioni. Dalla metamorfosi di Apuleio a quella più recenti di Kafka, fino all'Inquilino del Terzo Piano di Polanski e alla Mosca di Cronenberg: la mutazione riguarda un'unica entità individuale, o si tratta di due individualità che si susseggono?

ciao e a presto

Tiziana Andina ha detto...

Condivido a pieno le indicazioni che vi ha dato Giuliano. Fate anche attenzione a non perdervi troppo dietro a ragionamenti sulla commistione uomo-macchina. In questo caso credo che il punto rischi di essere sopravvalutato. Avete a che fare con un tema vecchio come il mondo e forse vale la pena guardare all'indietro prima che in avanti. Non dimenticate la dimensione psicologica, che mi pare decisiva. E' per comprendere quanto la mente riesca ad accogliere la profondità del cambiamento che autori come Kafka hanno descritto processi di metamorfosi. Riesce la mente, da sola, a conoscere una alterità radicale? E la risposta - in estrema sintesi - mi pare più o meno questa: la mente da sola non basta. Se non segue anche il corpo non capiremo mai cosa si prova a essere un qualcosa di diverso da noi. Alcuni filosofi vanno nella stessa direzione (penso per esempio a Thomas Nagel). Riflettete anche sulle implicazioni cognitive che tutto questo si porta dietro: se non posso sapere cosa si prova a essere qualcosa di radicalmente diverso da me, a meno di incorrere in una trasformazione corporea radicale, che mi permetta di entrare a tutti gli effetti nei panni del'altro, mi vedo costretto ad ammettere di non poter arrivare a comprendere l'alterità. Di qui a sostenere una forma di scetticismo epistemologico il passo è breve.