giovedì 16 ottobre 2008

Il rito


Al rito, inteso come una tecnica magica o religiosa cioè diretta ad ottenere un controllo delle forze naturali che le tecniche razionali non possono offrire (Dizionario di Filosofia, Nicola Abbagnano), è possibile associare le tre fasi del lavoro di Matthew Barney: situation, condition e production presenti nella serie Drawing Restraint.

Questo processo, questo rito, non porta mai all'equilibrio, all'armonia, poiché ogni Production diventa automaticamente una nuova Situation, creando così un circolo, dove ogni punto d'arrivo è anche sempre un nuovo punto di inizio, in un processo infinito di dissoluzione e creazione della realtà.

Drawing Restraint 9

  1. I due Ospiti Occidentali sono inizialmente separati, assorti nell’indeterminatezza ma consapevoli che qualcosa di importante sta per accadere. Arrivo dei due host sulla nave baleniera giapponese (entrata/ingestione). Costruzione e riempimento del Field Emblem.
  2. Vestizione e preparazione dei due ospiti. Cerimonia del tè. Celebrazione del matrimonio di tradizione scintoista (attraversamento della nave/elaborazione). Solidificazione del Field Emblem.
  3. Morte e rinascita. Amputazione e conseguente trasformazione in cetacei (uscita/espulsione). Sfaldamento del Field Emblem.

A queste tre fasi, strutturali dell'opera di Barney, abbiamo associato altri tre stadi desiderio, sacrificio (rispetto della disciplina), risultato.


a) Desiderio: condizione originaria di mancanza dell’essere umano, sentimento di incompletezza che genera il bisogno di colmare tale vuoto e, quindi, l'urgenza di agire.

b) Sacrificio (Rispetto della disciplina): sforzo fisico e mentale volto al superamento di tale mancanza.

c) Risultato: è il prodotto vale a dire la nuova identità che il soggetto acquisisce mediante il sacrificio, in seguito alla morte ed alla rinascita (che si può dire avvenga anche nel processo creativo come morte dell'artista e rinascita nell'opera d'arte); è il prolungamento del sé verso la trascendenza o nell'opera d'arte.


Le tre fasi così intese evidenziano una forte analogia con la più ampia sfera della ritualità religiosa.

Abbiamo notato che nel "rito" di Matthew Barney l'aspetto dell'espiazione, concetto prettamente cattolico-cristiano di sacrificio, non è stato riscontrato, mentre la nostra tradizione italiana, soprattutto meridionale, è colma di rituali cattolici incentrati sulla fase del sacrificio e della mortificazione del corpo.

Questo giustifica la nostra scelta operativa di aver voluto indagare il sistema rituale in Italia così da poterlo contrapporre al linguaggio adottato dall'artista americano e far emergere elementi di discussione e di dialogo; ne abbiamo scelto uno come modello, il rito dei vattienti (Calabria) e da qui abbiamo elaborato un ulteriore schema che mostri le tre fasi:


a) sentimento di mancanza rispetto alla perfezione divina (che può anche essere pensato come sentimento di mancanza rispetto alla morale cristiana, dovuto all'aver peccato);

b) il sacrificio corrisponde al rituale vero e proprio, vestizione, preparazione fisica e psichica, inizio della processione e mortificazione del corpo;

c) conclusione del percorso e rinascita spirituale (espiazione dei propri peccati) che permette un avvicinamento al sacrificio del Cristo.


La figura di Cristo risulta essere essenziale, non solo perché l'avvicinamento ad essa si può interpretare come una forma di trascendenza (di trascendere il corpo per innalzare lo spirito), ma anche perché la vicenda cristologica stessa può rientrare all'interno di questo schema rituale, il Dio che per comunicare con l'umanità si fa lui stesso uomo (si pone "il restraint" ) e si sacrifica (mortificando il suo corpo fino alla morte) per poi rinascere come spirito e tornare nei cieli.

Lo stesso rispetto della disciplina e sacrificio che in Barney si manifesta attraverso l'ipertrofia e il conseguente aumento della massa muscolare (dovuto allo sforzo fisico dei restraint), nel rituale dei vattienti diventa idea di mortificazione del corpo e sacrificio/espiazione.


Beatrice, Francesca D., Francesca V., Luca, Mario, Monica, Sara, Vittorio.

2 commenti:

Tiziana Andina ha detto...

Se non avete riscontrato il concetto di espiazione - come è molto probabile per un artista che non è di provenienza cattolico-cristiana - forse anche il ruolo della corporeità va riposizionato. Nella tradizione platonico-cristiana il corpo è un vincolo puro e semplice da cui un giorno ci libereremo. E ce ne libereremo come da un vincolo che appunto ci limita. Non c'è verso di poter diventare migliori (qualunque sia il senso che volete dare a questa parola) portandosi dietro il corpo. Si tratta di e resta un limite non una potenzialità da sfruttare per arrivare un po' più in là. Credo che la differenza rispetto a Barney sia profonda: forse è il caso di lasciarla essere e di sottolinearla piuttosto che cercare a tutti i costi di assimilare tradizioni differenti.

Francy ha detto...

Gentilissima professoressa Andina, grazie per l'interessamento e per gli spunti fecondi. La nostra intenzione però non è assolutamente quella di voler per forza assimilare due tradizioni completamente diverse ma quella di far emergere le differenze da un confronto fra le due. Sono proprio queste differenze che ci stimolano al dibattito!