lunedì 13 ottobre 2008

O C C H I O non V E D E

OCCHIO NON VEDE…”

COMPONENTI GRUPPO: Alessandro Baro, Guglielmo Castelli, Edoardo Cinalli, Arianna Merlo, Giulia Nota, Simone Prone.



Il nostro lavoro parte dallo studio di una tavola anatomica degli anni sessanta relativa alla struttura dell’occhio.
In riferimento al lavoro di Matthew Barney e al processo visivo, si è posto l’accento sul “restraint” imposto dal non capovolgimento dell’immagine sulla retina. Tale restrizione non avviene per cause patologiche, bensì è indotta tramite l’ausilio di strumenti in grado di alterare la percezione visiva.
Da questo parte il nostro esperimento che consiste nel sottoporre un soggetto a tale restrizione.
Osservando questa “nuova” realtà egli viene sottoposto automaticamente alle tre fasi di: situation, condition, production.

Situation (introduzione del restraint):
al soggetto viene imposto il restraint esterno, il quale altera la sua visione impedendo il ribaltamento dell’immagine sulla retina.

Condition (processo di adattamento):
- Come si presenta la nuova visione? Quali disturbi provoca questa restrizione (giramenti di testa, nausea,cefalee…)?
- Qual è la reazione fisica immediata? Quali sono gli ostacoli che il soggetto incontra nel rapportarsi con l’ambiente che lo circonda?
- Fino a che punto questa restrizione limita il soggetto nelle sue quotidiane azioni?
- In quanto tempo avviene l’adattamento?
- Dopo un periodo relativamente lungo vengono a crearsi delle patologie (claustrofobia, ansia, attacchi di panico…)?
- Una volta eliminata la restrizione qual è la condizione psico-fisica del soggetto?

Production (risultato del restraint):
l’adattamento del soggetto alla nuova visione.

Dal monitoraggio delle tre fasi si intende realizzare un video che metta a confronto le due differenti visioni.

1 commento:

Tiziana Andina ha detto...

Scusate se sono un po' off topic ma mi sono persa le vostre discussioni e posso solo leggere i riassunti sul blog. Molto bello il tema che avete scelto, anche se *occhio non vede* non è forse il titolo migliore visto che l'occhio vede diversamente ma vede (almeno stando alla presentazone dell'esperimento - che per altro è un classico esperimento mentale: ne parlava già Berkeley, figuratevi un po'...). Proverei anche a chiedermi se ha senso riferirsi all'alterazione della percezione visiva in un tpo di produzione artsistica che pare prescindere quasi completamente dai riferimenti alla percezione in senso classico; se ha senso - come io credo - proverei a chiedere a B. di spiegare in che senso la percezione ha ancora una funzione nella produzione artistica contemporanea e, ovviamente, nella sua.